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Sapete perchè i virus e soprattutto quello influenzale, sono tanto popolari tra i medici? Perchè le bestiacce (i virus) possono sempre essere da loro incolpate dei danni provocati alla nostra salute dai farmaci da loro prescritti o dall’erroneità delle loro diagnosi.
Nel 1997, una meningoencefalite contratta in agosto mi fu scambiata per banale influenza e quindi non trattata adeguatamente. Va bene, si trattò di confusione tra virus ma se si fosse trattato di batteri ora non sarei qui a scrivere sul blog.
Due mesi fa ho avuto bisogno di un certo antibiotico, la moxifloxacina della famiglia dei fluorochinoloni, per curare una sinusite cronica. Nei cinque giorni di assunzione del farmaco ho avuto prima una tachicardia continua e fortissima, poi una serie completa di disturbi intestinali in crescendo, tali l’ultima sera da dover chiamare il medico e restare i tre giorni successivi a letto in malattia.
Il mio medico di base ha ammesso che sono farmaci che possono dare problemi ma lo specialista che me l’aveva prescritto lo ha decisamente negato. “Assolutamente no, è un farmaco che prescrivo abitualmente [non siamo tutti uguali però, NdA], avrà preso un virus intestinale in concomitanza“.
Sarà, ma nel momento in cui ho smesso di prendere la sua capsuletta i dolori tipo parto sono cessati. Inoltre, di solito i virus vengono comunque debellati dal sistema immunitario in pochi giorni mentre io posso dire di non essere ancora guarita e vado avanti a forza di bifidus activi, lactobacilli vulgaris, collaterali ed affini, con alterne fortune e sintomi che ricompaiono da un giorno all’altro.

Quando stavo male mi sono divertita (si fa per dire) a cercare su Internet altre evidenze della possibile tossicità di quel farmaco e ne ho trovate una marea, addirittura forum interi di pazienti che raccontavano in tutte le lingue la loro esperienza, e quasi tutti parlavano di cuore che andava a mille, nausea, diarrea, dolori addominali.
E’ noto che, a leggere il bugiardino di molti farmaci, uno si chiede se siano presidi curativi o armi di distruzione di massa. Però su Internet, oltre alle testimonianze dei pazienti, si trovano anche le pubblicazioni di studi di farmacovigilanza che, ad un orecchio abbastanza allenato ai termini medici, suonano alquanto inquietanti, confermando i sospetti di tossicità.

I fluorochinoloni sono farmaci ampiamente usati per una serie di infezioni non rispondenti ai classici antibiotici come, ad esempio, le ciclosporine. Tra gli effetti collaterali più noti e comuni all’intera classe dei fluorochinoloni vi è l’alterazione dell’elettrofisiologia cardiaca, sotto forma di prolungamento dell’intervallo QT, anomalia che può provocate aritmia e, in alcuni casi , torsione di punta potenzialmente fatale in soggetti cardiopatici. Gli studi di follow-up di farmacovigilanza suggeriscono prudenza nella somministrazione di fluorochinoloni in soggetti a rischio.

Io non sono cardiopatica e quindi l’episodio tachicardico da farmaco non è risultato preoccupante, però mi chiedo da due anni se a mia madre, viva per miracolo dopo un arresto cardiaco e reduce da un intervento di tripla angioplastica coronarica, fosse proprio necessario somministrare la ciprofloxacina, che è un fluorochinolone dagli effetti collaterali di cui sopra, per curare una banale infezione urinaria.
Mia madre morì per arresto cardiocircolatorio il giorno dopo che, durante una visita di controllo, avevo osato chiedere al cardiologo se quel farmaco non fosse troppo forte per lei, avendo letto il bugiardino e avendo fatto un ragionamento molto terra-terra: causa problemi cardiaci, mia madre ha problemi cardiaci gravissimi, è il caso di rischiare? Gli chiesi anche del problema noto della ciprofloxacina (e di altri fluorochinoloni) e cioè dell’aumentato rischio di rottura del tendine d’Achille in pazienti anziani.
Mi ricordo che il medico mi guardò come si guarda una merda che non si sta facendo i cazzi suoi e che sta invadendo l’altrui territorio e mi rispose quasi ridendo: “Ma lei legge i foglietti illustrativi? Ma lo sa che non bisogna mai farlo?”
Ora, io sono notoriamente paranoica, sono invidiosa perchè avrei voluto fare il medico e mia madre era sicuramente troppo malata per tollerare qualunque farmaco. Però il dubbio che certi farmaci vengano prescritti alla cavolo di cane, soprattutto a pazienti a fine corsa, rimane.

La ciprofloxacina, tra l’altro, è la famosa panacea contro l’Antrace, salita agli orrori della cronaca dopo l’11 settembre. Ne furono ammassate scorte imponenti dal governo di Bush per contrastare una minaccia che fece soltanto cinque morti per un contagio attribuito ad Al Qaeda e che era partito molto probabilmente da laboratori militari dalle parti di Fort Detrick. Una vicenda tra le più oscure di quegli anni, dai contorni mai chiariti.
La Bayer, con lo spettro del terrorismo biologico e la vendita promozionale di tonnellate di Ciprobay ai neocon, aumentò i profitti e si rifece un po’ delle perdite causate dallo scandalo del Lipobay, farmaco contro l’ipercolesterolemia che nel 2001, pochi mesi prima, era stato imputato di aver causato la morte di almeno 52 persone ed i cui effetti negativi erano stati colpevolmente sottaciuti dalla casa farmaceutica, secondo quanto denunciato dalle autorità tedesche. Tra i neocon di cui si parla c’era anche Donald Rumsfeld, noto per avere le mani in pasta in Big Pharma, come si diceva parlando di influenze suine.

Nel 1985 rimasi molto colpita dalla lettura di un libro scritto dal giornalista tedesco Günter Wallraff, “Faccia da turco”, un’indagine condotta da infiltrato tra i lavoratori immigrati impiegati nei lavori più umili, massacranti e pericolosi. L’autore descriveva tra l’altro i protocolli utilizzati dalle case farmaceutiche per testare su cavie umane consenzienti (a pagamento) le dosi ottimali dei farmaci. Pensando a cosa avranno dovuto subire le cavie che hanno sperimentato su di sé gli effetti dei fluorochinoloni, prima di arrivare ad una dose che comunque causa problemi in molti pazienti, c’è da immaginare scenari da “Hostel”.

Sempre cercando su Internet (strumento pericoloso in mano ai pedofili e che sarebbe, secondo le showgirls convertite alla politica, da chiudere), si trovano decine e decine di altri casi di danni provocati da farmaci, di farmaci ritirati dal mercato per manifesta tossicità. Tutti casi che formano un vero museo degli orrori e dei crimini di Big Pharma. Non solo talidomide, quindi.

Il caso della Bayer meriterebbe altro che un post a parte. Per non parlare sempre della solita vecchia storia di quando si chiamava IG Farben e fabbricava lo Zyklon B che sterminava gli internati nei lager, la Bayer odierna (giurano assolutamente diversa dalla versione nazi mode) è implicata in una serie impressionante di attentati alla salute pubblica. Dalla vendita di prodotti emoderivati contaminati dal virus HIV agli antibiotici per il pollame ritirati in USA perchè dannosi per l’uomo, alla strage di api imputata ai suoi pesticidi, ai casi del Trasylol e dei mezzi di contrasto al gadolinio, fino alla possibile tossicità del comune analgesico Aleve.

Se Bayer piange, le altre case farmaceutiche non ridono. L’industria farmaceutica è disposta a tutto pur di trarre profitti dallo sfruttamento della malattia. Anche di rifiutarsi di produrre i farmaci utili a debellare malattie gravi ma rare. Se il numero di malati del Morbo X sono statisticamente non significativi non vale la pena investire nella produzione dei farmaci preposti.
Anche questa è Big Pharma. Per tutti gli altri malati ci sono farmaci in alcuni casi utili ma in altri casi sempre più spesso discussi per tossicità, assoluta inutilità o entrambe. Tossicità ed inutilità sempre vendute a caro prezzo.
Noi però non dobbiamo leggere i bugiardini e se stiamo male dopo aver preso un farmaco dobbiamo dare la colpa ai virus concomitanti.


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Nel 1997, una meningoencefalite contratta in agosto mi fu scambiata per banale influenza e quindi non trattata adeguatamente. Va bene, si trattò di confusione tra virus ma se si fosse trattato di batteri ora non sarei qui a scrivere sul blog.
Due mesi fa ho avuto bisogno di un certo antibiotico, la moxifloxacina della famiglia dei fluorochinoloni, per curare una sinusite cronica. Nei cinque giorni di assunzione del farmaco ho avuto prima una tachicardia continua e fortissima, poi una serie completa di disturbi intestinali in crescendo, tali l’ultima sera da dover chiamare il medico e restare i tre giorni successivi a letto in malattia.
Il mio medico di base ha ammesso che sono farmaci che possono dare problemi ma lo specialista che me l’aveva prescritto lo ha decisamente negato. “Assolutamente no, è un farmaco che prescrivo abitualmente [non siamo tutti uguali però, NdA], avrà preso un virus intestinale in concomitanza“.
Sarà, ma nel momento in cui ho smesso di prendere la sua capsuletta i dolori tipo parto sono cessati. Inoltre, di solito i virus vengono comunque debellati dal sistema immunitario in pochi giorni mentre io posso dire di non essere ancora guarita e vado avanti a forza di bifidus activi, lactobacilli vulgaris, collaterali ed affini, con alterne fortune e sintomi che ricompaiono da un giorno all’altro.

Quando stavo male mi sono divertita (si fa per dire) a cercare su Internet altre evidenze della possibile tossicità di quel farmaco e ne ho trovate una marea, addirittura forum interi di pazienti che raccontavano in tutte le lingue la loro esperienza, e quasi tutti parlavano di cuore che andava a mille, nausea, diarrea, dolori addominali.
E’ noto che, a leggere il bugiardino di molti farmaci, uno si chiede se siano presidi curativi o armi di distruzione di massa. Però su Internet, oltre alle testimonianze dei pazienti, si trovano anche le pubblicazioni di studi di farmacovigilanza che, ad un orecchio abbastanza allenato ai termini medici, suonano alquanto inquietanti, confermando i sospetti di tossicità.

I fluorochinoloni sono farmaci ampiamente usati per una serie di infezioni non rispondenti ai classici antibiotici come, ad esempio, le ciclosporine. Tra gli effetti collaterali più noti e comuni all’intera classe dei fluorochinoloni vi è l’alterazione dell’elettrofisiologia cardiaca, sotto forma di prolungamento dell’intervallo QT, anomalia che può provocate aritmia e, in alcuni casi , torsione di punta potenzialmente fatale in soggetti cardiopatici. Gli studi di follow-up di farmacovigilanza suggeriscono prudenza nella somministrazione di fluorochinoloni in soggetti a rischio.

Io non sono cardiopatica e quindi l’episodio tachicardico da farmaco non è risultato preoccupante, però mi chiedo da due anni se a mia madre, viva per miracolo dopo un arresto cardiaco e reduce da un intervento di tripla angioplastica coronarica, fosse proprio necessario somministrare la ciprofloxacina, che è un fluorochinolone dagli effetti collaterali di cui sopra, per curare una banale infezione urinaria.
Mia madre morì per arresto cardiocircolatorio il giorno dopo che, durante una visita di controllo, avevo osato chiedere al cardiologo se quel farmaco non fosse troppo forte per lei, avendo letto il bugiardino e avendo fatto un ragionamento molto terra-terra: causa problemi cardiaci, mia madre ha problemi cardiaci gravissimi, è il caso di rischiare? Gli chiesi anche del problema noto della ciprofloxacina (e di altri fluorochinoloni) e cioè dell’aumentato rischio di rottura del tendine d’Achille in pazienti anziani.
Mi ricordo che il medico mi guardò come si guarda una merda che non si sta facendo i cazzi suoi e che sta invadendo l’altrui territorio e mi rispose quasi ridendo: “Ma lei legge i foglietti illustrativi? Ma lo sa che non bisogna mai farlo?”
Ora, io sono notoriamente paranoica, sono invidiosa perchè avrei voluto fare il medico e mia madre era sicuramente troppo malata per tollerare qualunque farmaco. Però il dubbio che certi farmaci vengano prescritti alla cavolo di cane, soprattutto a pazienti a fine corsa, rimane.

La ciprofloxacina, tra l’altro, è la famosa panacea contro l’Antrace, salita agli orrori della cronaca dopo l’11 settembre. Ne furono ammassate scorte imponenti dal governo di Bush per contrastare una minaccia che fece soltanto cinque morti per un contagio attribuito ad Al Qaeda e che era partito molto probabilmente da laboratori militari dalle parti di Fort Detrick. Una vicenda tra le più oscure di quegli anni, dai contorni mai chiariti.
La Bayer, con lo spettro del terrorismo biologico e la vendita promozionale di tonnellate di Ciprobay ai neocon, aumentò i profitti e si rifece un po’ delle perdite causate dallo scandalo del Lipobay, farmaco contro l’ipercolesterolemia che nel 2001, pochi mesi prima, era stato imputato di aver causato la morte di almeno 52 persone ed i cui effetti negativi erano stati colpevolmente sottaciuti dalla casa farmaceutica, secondo quanto denunciato dalle autorità tedesche. Tra i neocon di cui si parla c’era anche Donald Rumsfeld, noto per avere le mani in pasta in Big Pharma, come si diceva parlando di influenze suine.

Nel 1985 rimasi molto colpita dalla lettura di un libro scritto dal giornalista tedesco Günter Wallraff, “Faccia da turco”, un’indagine condotta da infiltrato tra i lavoratori immigrati impiegati nei lavori più umili, massacranti e pericolosi. L’autore descriveva tra l’altro i protocolli utilizzati dalle case farmaceutiche per testare su cavie umane consenzienti (a pagamento) le dosi ottimali dei farmaci. Pensando a cosa avranno dovuto subire le cavie che hanno sperimentato su di sé gli effetti dei fluorochinoloni, prima di arrivare ad una dose che comunque causa problemi in molti pazienti, c’è da immaginare scenari da “Hostel”.

Sempre cercando su Internet (strumento pericoloso in mano ai pedofili e che sarebbe, secondo le showgirls convertite alla politica, da chiudere), si trovano decine e decine di altri casi di danni provocati da farmaci, di farmaci ritirati dal mercato per manifesta tossicità. Tutti casi che formano un vero museo degli orrori e dei crimini di Big Pharma. Non solo talidomide, quindi.

Il caso della Bayer meriterebbe altro che un post a parte. Per non parlare sempre della solita vecchia storia di quando si chiamava IG Farben e fabbricava lo Zyklon B che sterminava gli internati nei lager, la Bayer odierna (giurano assolutamente diversa dalla versione nazi mode) è implicata in una serie impressionante di attentati alla salute pubblica. Dalla vendita di prodotti emoderivati contaminati dal virus HIV agli antibiotici per il pollame ritirati in USA perchè dannosi per l’uomo, alla strage di api imputata ai suoi pesticidi, ai casi del Trasylol e dei mezzi di contrasto al gadolinio, fino alla possibile tossicità del comune analgesico Aleve.

Se Bayer piange, le altre case farmaceutiche non ridono. L’industria farmaceutica è disposta a tutto pur di trarre profitti dallo sfruttamento della malattia. Anche di rifiutarsi di produrre i farmaci utili a debellare malattie gravi ma rare. Se il numero di malati del Morbo X sono statisticamente non significativi non vale la pena investire nella produzione dei farmaci preposti.
Anche questa è Big Pharma. Per tutti gli altri malati ci sono farmaci in alcuni casi utili ma in altri casi sempre più spesso discussi per tossicità, assoluta inutilità o entrambe. Tossicità ed inutilità sempre vendute a caro prezzo.
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Nel 1997, una meningoencefalite contratta in agosto mi fu scambiata per banale influenza e quindi non trattata adeguatamente. Va bene, si trattò di confusione tra virus ma se si fosse trattato di batteri ora non sarei qui a scrivere sul blog.
Due mesi fa ho avuto bisogno di un certo antibiotico, la moxifloxacina della famiglia dei fluorochinoloni, per curare una sinusite cronica. Nei cinque giorni di assunzione del farmaco ho avuto prima una tachicardia continua e fortissima, poi una serie completa di disturbi intestinali in crescendo, tali l’ultima sera da dover chiamare il medico e restare i tre giorni successivi a letto in malattia.
Il mio medico di base ha ammesso che sono farmaci che possono dare problemi ma lo specialista che me l’aveva prescritto lo ha decisamente negato. “Assolutamente no, è un farmaco che prescrivo abitualmente [non siamo tutti uguali però, NdA], avrà preso un virus intestinale in concomitanza“.
Sarà, ma nel momento in cui ho smesso di prendere la sua capsuletta i dolori tipo parto sono cessati. Inoltre, di solito i virus vengono comunque debellati dal sistema immunitario in pochi giorni mentre io posso dire di non essere ancora guarita e vado avanti a forza di bifidus activi, lactobacilli vulgaris, collaterali ed affini, con alterne fortune e sintomi che ricompaiono da un giorno all’altro.

Quando stavo male mi sono divertita (si fa per dire) a cercare su Internet altre evidenze della possibile tossicità di quel farmaco e ne ho trovate una marea, addirittura forum interi di pazienti che raccontavano in tutte le lingue la loro esperienza, e quasi tutti parlavano di cuore che andava a mille, nausea, diarrea, dolori addominali.
E’ noto che, a leggere il bugiardino di molti farmaci, uno si chiede se siano presidi curativi o armi di distruzione di massa. Però su Internet, oltre alle testimonianze dei pazienti, si trovano anche le pubblicazioni di studi di farmacovigilanza che, ad un orecchio abbastanza allenato ai termini medici, suonano alquanto inquietanti, confermando i sospetti di tossicità.

I fluorochinoloni sono farmaci ampiamente usati per una serie di infezioni non rispondenti ai classici antibiotici come, ad esempio, le ciclosporine. Tra gli effetti collaterali più noti e comuni all’intera classe dei fluorochinoloni vi è l’alterazione dell’elettrofisiologia cardiaca, sotto forma di prolungamento dell’intervallo QT, anomalia che può provocate aritmia e, in alcuni casi , torsione di punta potenzialmente fatale in soggetti cardiopatici. Gli studi di follow-up di farmacovigilanza suggeriscono prudenza nella somministrazione di fluorochinoloni in soggetti a rischio.

Io non sono cardiopatica e quindi l’episodio tachicardico da farmaco non è risultato preoccupante, però mi chiedo da due anni se a mia madre, viva per miracolo dopo un arresto cardiaco e reduce da un intervento di tripla angioplastica coronarica, fosse proprio necessario somministrare la ciprofloxacina, che è un fluorochinolone dagli effetti collaterali di cui sopra, per curare una banale infezione urinaria.
Mia madre morì per arresto cardiocircolatorio il giorno dopo che, durante una visita di controllo, avevo osato chiedere al cardiologo se quel farmaco non fosse troppo forte per lei, avendo letto il bugiardino e avendo fatto un ragionamento molto terra-terra: causa problemi cardiaci, mia madre ha problemi cardiaci gravissimi, è il caso di rischiare? Gli chiesi anche del problema noto della ciprofloxacina (e di altri fluorochinoloni) e cioè dell’aumentato rischio di rottura del tendine d’Achille in pazienti anziani.
Mi ricordo che il medico mi guardò come si guarda una merda che non si sta facendo i cazzi suoi e che sta invadendo l’altrui territorio e mi rispose quasi ridendo: “Ma lei legge i foglietti illustrativi? Ma lo sa che non bisogna mai farlo?”
Ora, io sono notoriamente paranoica, sono invidiosa perchè avrei voluto fare il medico e mia madre era sicuramente troppo malata per tollerare qualunque farmaco. Però il dubbio che certi farmaci vengano prescritti alla cavolo di cane, soprattutto a pazienti a fine corsa, rimane.

La ciprofloxacina, tra l’altro, è la famosa panacea contro l’Antrace, salita agli orrori della cronaca dopo l’11 settembre. Ne furono ammassate scorte imponenti dal governo di Bush per contrastare una minaccia che fece soltanto cinque morti per un contagio attribuito ad Al Qaeda e che era partito molto probabilmente da laboratori militari dalle parti di Fort Detrick. Una vicenda tra le più oscure di quegli anni, dai contorni mai chiariti.
La Bayer, con lo spettro del terrorismo biologico e la vendita promozionale di tonnellate di Ciprobay ai neocon, aumentò i profitti e si rifece un po’ delle perdite causate dallo scandalo del Lipobay, farmaco contro l’ipercolesterolemia che nel 2001, pochi mesi prima, era stato imputato di aver causato la morte di almeno 52 persone ed i cui effetti negativi erano stati colpevolmente sottaciuti dalla casa farmaceutica, secondo quanto denunciato dalle autorità tedesche. Tra i neocon di cui si parla c’era anche Donald Rumsfeld, noto per avere le mani in pasta in Big Pharma, come si diceva parlando di influenze suine.

Nel 1985 rimasi molto colpita dalla lettura di un libro scritto dal giornalista tedesco Günter Wallraff, “Faccia da turco”, un’indagine condotta da infiltrato tra i lavoratori immigrati impiegati nei lavori più umili, massacranti e pericolosi. L’autore descriveva tra l’altro i protocolli utilizzati dalle case farmaceutiche per testare su cavie umane consenzienti (a pagamento) le dosi ottimali dei farmaci. Pensando a cosa avranno dovuto subire le cavie che hanno sperimentato su di sé gli effetti dei fluorochinoloni, prima di arrivare ad una dose che comunque causa problemi in molti pazienti, c’è da immaginare scenari da “Hostel”.

Sempre cercando su Internet (strumento pericoloso in mano ai pedofili e che sarebbe, secondo le showgirls convertite alla politica, da chiudere), si trovano decine e decine di altri casi di danni provocati da farmaci, di farmaci ritirati dal mercato per manifesta tossicità. Tutti casi che formano un vero museo degli orrori e dei crimini di Big Pharma. Non solo talidomide, quindi.

Il caso della Bayer meriterebbe altro che un post a parte. Per non parlare sempre della solita vecchia storia di quando si chiamava IG Farben e fabbricava lo Zyklon B che sterminava gli internati nei lager, la Bayer odierna (giurano assolutamente diversa dalla versione nazi mode) è implicata in una serie impressionante di attentati alla salute pubblica. Dalla vendita di prodotti emoderivati contaminati dal virus HIV agli antibiotici per il pollame ritirati in USA perchè dannosi per l’uomo, alla strage di api imputata ai suoi pesticidi, ai casi del Trasylol e dei mezzi di contrasto al gadolinio, fino alla possibile tossicità del comune analgesico Aleve.

Se Bayer piange, le altre case farmaceutiche non ridono. L’industria farmaceutica è disposta a tutto pur di trarre profitti dallo sfruttamento della malattia. Anche di rifiutarsi di produrre i farmaci utili a debellare malattie gravi ma rare. Se il numero di malati del Morbo X sono statisticamente non significativi non vale la pena investire nella produzione dei farmaci preposti.
Anche questa è Big Pharma. Per tutti gli altri malati ci sono farmaci in alcuni casi utili ma in altri casi sempre più spesso discussi per tossicità, assoluta inutilità o entrambe. Tossicità ed inutilità sempre vendute a caro prezzo.
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Il presidente americano Gerald Ford si fa vaccinare contro l’influenza suina durante la campagna di vaccinazione di massa del 1976, voluta dal governo americano per fronteggiare il rischio di una pandemia paventata simile a quella catastrofica del 1918, passata alla storia come la “Spagnola”.
Tutto era cominciato con la morte di un soldato a Fort Dix, una base militare nel New Jersey, per una polmonite fulminante attribuita ad un virus simile a quello dell’influenza suina.

La pandemia del 1918 aveva avuto principio proprio dall’infezione di un gruppo di militari che stazionavano nei pressi di un allevamento di suini.
Quella pandemia, estesasi dagli Stati Uniti a tutto il mondo, provocò la morte di 50 milioni di persone, 500.000 solo negli Stati Uniti e 650.000 in Italia. Era una malattia che colpiva e uccideva soprattutto i giovani con impressionante rapidità. Non era infrequente che chi cominciava a tossire la mattina, a sera tardi fosse già morto. Vi furono casi in cui furono decimate intere platee di spettatori teatrali e cinematografici.

Le ipotesi più recenti sull’origine dell’infezione fanno supporre che i maiali dell’allevamento famoso fossero stati infettati da un ceppo di influenza aviaria portato da uccelli migratori. Il virus si sarebbe ricombinato nei suini e, in seguito all’incendio dell’allevamento, una nube tossica avrebbe portato sull’accampamento militare il virus mortale. Tutto sommato una concatenazione di eventi sfortunati piuttosto difficile da riprodurre.

Ad ogni modo, memori della tragedia del 1918, le autorità sanitarie americane, appena sentono parlare di soldati morti per un qualcosa che assomiglia all’influenza premono sull’amministrazione Ford affinchè venga avviata una campagna di vaccinazione di massa.
Il Congresso approva quindi lo stanziamento di 135 milioni di dollari per vaccinare 200 miioni di americani, quasi il 95% della popolazione.
Preparare il vaccino non è però cosa facile e tanto meno rapida. Da un lato, prendendo tempo, si rischierebbe di arrivare alla somministrazione a pandemia già iniziata. Dall’altro, affrettando la preparazione di un vaccino si correrebbe il rischio di sottovalutare eventuali effetti collaterali.
Si propende per mettere a punto il vaccino il più presto possibile, anche contro il parere di diversi ricercatori. Gerald Ford è in campagna elettorale e se riuscisse a diventare il candidato che ha salvato un popolo da una pandemia la rielezione sarebbe sicura.

Iniziano le somministrazioni del vaccino, compreso il presidente cavia consapevole, ma iniziano anche i guai.
E’ noto che tra le reazioni avverse a molti vaccini vi sono sindromi neurologiche anche gravi, provocate pare da uno scompenso del sistema immunitario.
Nel 1976, a seguito della campagna di vaccinazione contro la paventata pandemia di influenza suina, negli Stati Uniti si ebbero almeno 535 casi di Sindrome di Guillain-Barre, una grave forma di paralisi periferica, 23 dei quali mortali. Un bilancio ben più pesante di quello della malattia che doveva combattere.
Le autorità furono accusate di aver nascosto il rischio di insorgenza della sindrome di Guillain-Barre nonostante pervenissero le notizie di sempre nuovi casi intervenuti dopo la vaccinazione. Il programma fu annullato, mentre iniziavano ad arrivare le richieste di risarcimento.
La pandemia, per fortuna, non si verificò. Altri casi di infezione riscontrati nel paese ed erroneamente attribuiti al virus dell’influenza risultarono dovuti invece a legionella, un batterio.
Questo episodio è passato alla storia come il grande fiasco della vaccinazione di massa del 1976.
Si disse che, a causa di questo disastro, il presidente Ford perse le elezioni.

Ho ricordato questo precedente perchè abbiamo in Italia alcuni casi di meningite da meningococco e le autorità di Treviso stanno predisponendo una vaccinazione di massa della popolazione. Ieri è stato intervistato in TV il ricercatore che ha messo a punto il vaccino, il quale ha gridato “vaccinatevi, vaccinatevi!”. Va bene, ma ricordiamo che i vaccini possono provocare sindromi neurologiche anche gravi, come dimostra il caso americano sopra esposto e la relazione ipotizzata tra vaccinazione contro l’epatite B e l’aumento di relapses di sclerosi multipla.

Gli interessi che gravitano attorno ai vaccini sono enormi per Big Pharma. La vaccinazione antinfluenzale, somministrata a tappeto a milioni di anziani, la vaccinazione contro il papilloma virus alle ragazzine e ora questa profilassi antimeningite. Tutte cose buone (io personalmente sono contraria ai vaccini ma è una posizione che non pretendo sia condivisa) ma esigiamo informazione anche sui possibili effetti collaterali.
Si parlava prima di risarcimento alle vittime di neuropatie iatrogene. Cito da una puntata di “Report” del 2006 dedicata all’argomento pandemie :

Nel 1976, quando il governo decise di somministrare il vaccino a tutti (donne, uomini, bambini) le assicurazioni si rifiutarono di stipulare polizze a coloro che avevano preso i vaccini, non vollero quindi prendersi nessuna responsabilità in merito e le case produttrici minacciarono di non produrre più il vaccino. Allora il governo si prese la responsabilità.
Furono quattro mila i danneggiati che chiesero al Governo risarcimenti astronomici.
Il 50% di chi fece causa al governo ottenne un risarcimento.
Oggi, con il provvedimento firmato lo scorso dicembre [2005] nessuno potrebbe più pretendere nulla e l’amministrazione Bush non ha destinato un dollaro per coprire i danni per ora sono le industrie farmaceutiche a beneficiare di una pandemia che forse mai ci sarà. Questo, grazie soprattutto alla compattezza della maggioranza repubblicana… e grazie al leader repubblicano al senato Bill Frist.

Ci si riferisce ad una legge dell’amministrazione Bush che libera le multinazionali del farmaco dalla responsabilità di dover risarcire le vittime di eventuali effetti collaterali di farmaci e vaccini. Un bel regalone per Big Pharma e tanta sicurezza in meno per noi consumatori.

La meningite è una malattia molto grave ma se un medico è in grado di riconoscerla dai sintomi inequivocabili e non la liquida come la solita “influenza” dimettendovi e consigliando solo un Efferalgan come capitò a me (e per fortuna la mia era di tipo virale), è curabilissima con gli antibiotici.

Speriamo che le autorità che ordinano la puntura generalizzata perchè alcuni casi si sono concentrati in un bar siano a conoscenza degli eventuali rischi vaccinali e, a differenza degli Stati Uniti, siano in grado di risarcirci in caso di danni collaterali.


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Il presidente americano Gerald Ford si fa vaccinare contro l’influenza suina durante la campagna di vaccinazione di massa del 1976, voluta dal governo americano per fronteggiare il rischio di una pandemia paventata simile a quella catastrofica del 1918, passata alla storia come la “Spagnola”.
Tutto era cominciato con la morte di un soldato a Fort Dix, una base militare nel New Jersey, per una polmonite fulminante attribuita ad un virus simile a quello dell’influenza suina.

La pandemia del 1918 aveva avuto principio proprio dall’infezione di un gruppo di militari che stazionavano nei pressi di un allevamento di suini.
Quella pandemia, estesasi dagli Stati Uniti a tutto il mondo, provocò la morte di 50 milioni di persone, 500.000 solo negli Stati Uniti e 650.000 in Italia. Era una malattia che colpiva e uccideva soprattutto i giovani con impressionante rapidità. Non era infrequente che chi cominciava a tossire la mattina, a sera tardi fosse già morto. Vi furono casi in cui furono decimate intere platee di spettatori teatrali e cinematografici.

Le ipotesi più recenti sull’origine dell’infezione fanno supporre che i maiali dell’allevamento famoso fossero stati infettati da un ceppo di influenza aviaria portato da uccelli migratori. Il virus si sarebbe ricombinato nei suini e, in seguito all’incendio dell’allevamento, una nube tossica avrebbe portato sull’accampamento militare il virus mortale. Tutto sommato una concatenazione di eventi sfortunati piuttosto difficile da riprodurre.

Ad ogni modo, memori della tragedia del 1918, le autorità sanitarie americane, appena sentono parlare di soldati morti per un qualcosa che assomiglia all’influenza premono sull’amministrazione Ford affinchè venga avviata una campagna di vaccinazione di massa.
Il Congresso approva quindi lo stanziamento di 135 milioni di dollari per vaccinare 200 miioni di americani, quasi il 95% della popolazione.
Preparare il vaccino non è però cosa facile e tanto meno rapida. Da un lato, prendendo tempo, si rischierebbe di arrivare alla somministrazione a pandemia già iniziata. Dall’altro, affrettando la preparazione di un vaccino si correrebbe il rischio di sottovalutare eventuali effetti collaterali.
Si propende per mettere a punto il vaccino il più presto possibile, anche contro il parere di diversi ricercatori. Gerald Ford è in campagna elettorale e se riuscisse a diventare il candidato che ha salvato un popolo da una pandemia la rielezione sarebbe sicura.

Iniziano le somministrazioni del vaccino, compreso il presidente cavia consapevole, ma iniziano anche i guai.
E’ noto che tra le reazioni avverse a molti vaccini vi sono sindromi neurologiche anche gravi, provocate pare da uno scompenso del sistema immunitario.
Nel 1976, a seguito della campagna di vaccinazione contro la paventata pandemia di influenza suina, negli Stati Uniti si ebbero almeno 535 casi di Sindrome di Guillain-Barre, una grave forma di paralisi periferica, 23 dei quali mortali. Un bilancio ben più pesante di quello della malattia che doveva combattere.
Le autorità furono accusate di aver nascosto il rischio di insorgenza della sindrome di Guillain-Barre nonostante pervenissero le notizie di sempre nuovi casi intervenuti dopo la vaccinazione. Il programma fu annullato, mentre iniziavano ad arrivare le richieste di risarcimento.
La pandemia, per fortuna, non si verificò. Altri casi di infezione riscontrati nel paese ed erroneamente attribuiti al virus dell’influenza risultarono dovuti invece a legionella, un batterio.
Questo episodio è passato alla storia come il grande fiasco della vaccinazione di massa del 1976.
Si disse che, a causa di questo disastro, il presidente Ford perse le elezioni.

Ho ricordato questo precedente perchè abbiamo in Italia alcuni casi di meningite da meningococco e le autorità di Treviso stanno predisponendo una vaccinazione di massa della popolazione. Ieri è stato intervistato in TV il ricercatore che ha messo a punto il vaccino, il quale ha gridato “vaccinatevi, vaccinatevi!”. Va bene, ma ricordiamo che i vaccini possono provocare sindromi neurologiche anche gravi, come dimostra il caso americano sopra esposto e la relazione ipotizzata tra vaccinazione contro l’epatite B e l’aumento di relapses di sclerosi multipla.

Gli interessi che gravitano attorno ai vaccini sono enormi per Big Pharma. La vaccinazione antinfluenzale, somministrata a tappeto a milioni di anziani, la vaccinazione contro il papilloma virus alle ragazzine e ora questa profilassi antimeningite. Tutte cose buone (io personalmente sono contraria ai vaccini ma è una posizione che non pretendo sia condivisa) ma esigiamo informazione anche sui possibili effetti collaterali.
Si parlava prima di risarcimento alle vittime di neuropatie iatrogene. Cito da una puntata di “Report” del 2006 dedicata all’argomento pandemie :

Nel 1976, quando il governo decise di somministrare il vaccino a tutti (donne, uomini, bambini) le assicurazioni si rifiutarono di stipulare polizze a coloro che avevano preso i vaccini, non vollero quindi prendersi nessuna responsabilità in merito e le case produttrici minacciarono di non produrre più il vaccino. Allora il governo si prese la responsabilità.
Furono quattro mila i danneggiati che chiesero al Governo risarcimenti astronomici.
Il 50% di chi fece causa al governo ottenne un risarcimento.
Oggi, con il provvedimento firmato lo scorso dicembre [2005] nessuno potrebbe più pretendere nulla e l’amministrazione Bush non ha destinato un dollaro per coprire i danni per ora sono le industrie farmaceutiche a beneficiare di una pandemia che forse mai ci sarà. Questo, grazie soprattutto alla compattezza della maggioranza repubblicana… e grazie al leader repubblicano al senato Bill Frist.

Ci si riferisce ad una legge dell’amministrazione Bush che libera le multinazionali del farmaco dalla responsabilità di dover risarcire le vittime di eventuali effetti collaterali di farmaci e vaccini. Un bel regalone per Big Pharma e tanta sicurezza in meno per noi consumatori.

La meningite è una malattia molto grave ma se un medico è in grado di riconoscerla dai sintomi inequivocabili e non la liquida come la solita “influenza” dimettendovi e consigliando solo un Efferalgan come capitò a me (e per fortuna la mia era di tipo virale), è curabilissima con gli antibiotici.

Speriamo che le autorità che ordinano la puntura generalizzata perchè alcuni casi si sono concentrati in un bar siano a conoscenza degli eventuali rischi vaccinali e, a differenza degli Stati Uniti, siano in grado di risarcirci in caso di danni collaterali.

Una decina di giorni fa il santopadre ha condannato severamente la precarietà nel lavoro, oggi ha detto che le tasse bisogna pagarle anche se obtorto collo. Nel mezzo c’è stata la sortita sui farmacisti e l’obiezione di coscienza. A suo modo anche il Papa ha scoperto il fascino del panino.
Due colpi al cerchio, su argomenti in fondo condivisibili anche dai laici e uno alla botte del fondamentalismo cattolico.

Vediamo allora come possiamo aiutare i farmacisti devoti ad espletare la loro funzione al meglio.

La grande preoccupazione del santopadre neocerchiobottista non è certamente il costo delle scarpine Chicco, superiore alle sue Prada, e vendute in farmacia assieme a pappe, clisteri, giocattoli, guanciali superergonomici, alimenti per celiaci miliardari, pomate emorroidarie, integratori, fiori di Bach e creme antirughe, è la tutela della vita e la lotta all’eutanasia.

E’ noto a chiunque abbia masticato in vita sua un po’ di medicina e biologia per trascorsi universitari, che la morte può essere procurata anche utilizzando farmaci apparentemente innocui, senza ricorrere ai kit della dolce morte. E’ il principio dell’overdose, in molti casi fatale.
Un farmaco stimolante la tiroide come il Proloid può indurre arresto cardiaco in un soggetto ipertiroideo; la digitalis purpurea in dosi eccessive è mortale, una pera di insulina può indurre il coma e financo la morte. Non parliamo di anestetici potenti come i barbiturici, che anche se poco usati ormai rimangono prescritti per l’epilessia. Un bravo farmacista devoto dovrebbe eliminare questi farmaci dai suoi scaffali, per coerenza.

La necessità della tutela della vita mette automaticamente all’indice e candida al rogo i seguenti prodotti, da banco o meno: gondoni, guanti e Durex di ogni tipo; pillole anticoncezionali ad alto e basso dosaggio, comprese quelle che servono ad estirpare nell’era moderna il fenomeno della ragazzina barbuta. Attenzione però, anche una innocente peretta di gomma, se unita a sostanze opportunamente preparate artiginalmente, come il normale sapone da bucato, può servire a procurare l’aborto. Via anche quella quindi e gli stitici si arrangino.
Rimanendo in tema parti basse, che dire della pillola del demonio, il Viagra e della sua variante, il Cialis? Via, al macero, è il Signore in persona che vi espelle!

Anche il dolore dev’essere sopportato eroicamente dal buon cristiano. Via il Buscopan, il Moment con e senza ackht, la Cibalgina, l’Antispasmina colica, la preparazione H e il Toradol. Dolori mestruali, coliche renali ed epatiche, ascessi, pulpiti e trigemini, nervi sciatici, emorroidi a grappolo e colpi della strega, siate benedetti perchè ci ricordate la magnanima esistenza dell’ultraterreno.

Il buon cristiano deve praticare la modestia, quindi via i cosmetici, le creme depilatorie, gli anticellulite, le siringhe di botox; via dagli scaffali anche i costosissimi e i prodotti omeopatici, gli estratti di echinacea, la pappa reale e gli ayurveda. Roba da stregoni pagani.

Cosa rimane da vendere al timorato farmacista di Dio, per non dispiacere al suo Papa, ora che si è liberato di tutta la paccottiglia demoniaca? Forse l’aspirina, la soluzione Schoum, la tintura di iodio, i cerotti (non quelli per le vesciche perchè bisogna soffrire) e un’erba cattolicissima come l’iperico, nota per contrastare il potere anticoncezionale della “pillola”. Non per niente si chiama anche erba di S. Giovanni.


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Una decina di giorni fa il santopadre ha condannato severamente la precarietà nel lavoro, oggi ha detto che le tasse bisogna pagarle anche se obtorto collo. Nel mezzo c’è stata la sortita sui farmacisti e l’obiezione di coscienza. A suo modo anche il Papa ha scoperto il fascino del panino.
Due colpi al cerchio, su argomenti in fondo condivisibili anche dai laici e uno alla botte del fondamentalismo cattolico.

Vediamo allora come possiamo aiutare i farmacisti devoti ad espletare la loro funzione al meglio.

La grande preoccupazione del santopadre neocerchiobottista non è certamente il costo delle scarpine Chicco, superiore alle sue Prada, e vendute in farmacia assieme a pappe, clisteri, giocattoli, guanciali superergonomici, alimenti per celiaci miliardari, pomate emorroidarie, integratori, fiori di Bach e creme antirughe, è la tutela della vita e la lotta all’eutanasia.

E’ noto a chiunque abbia masticato in vita sua un po’ di medicina e biologia per trascorsi universitari, che la morte può essere procurata anche utilizzando farmaci apparentemente innocui, senza ricorrere ai kit della dolce morte. E’ il principio dell’overdose, in molti casi fatale.
Un farmaco stimolante la tiroide come il Proloid può indurre arresto cardiaco in un soggetto ipertiroideo; la digitalis purpurea in dosi eccessive è mortale, una pera di insulina può indurre il coma e financo la morte. Non parliamo di anestetici potenti come i barbiturici, che anche se poco usati ormai rimangono prescritti per l’epilessia. Un bravo farmacista devoto dovrebbe eliminare questi farmaci dai suoi scaffali, per coerenza.

La necessità della tutela della vita mette automaticamente all’indice e candida al rogo i seguenti prodotti, da banco o meno: gondoni, guanti e Durex di ogni tipo; pillole anticoncezionali ad alto e basso dosaggio, comprese quelle che servono ad estirpare nell’era moderna il fenomeno della ragazzina barbuta. Attenzione però, anche una innocente peretta di gomma, se unita a sostanze opportunamente preparate artiginalmente, come il normale sapone da bucato, può servire a procurare l’aborto. Via anche quella quindi e gli stitici si arrangino.
Rimanendo in tema parti basse, che dire della pillola del demonio, il Viagra e della sua variante, il Cialis? Via, al macero, è il Signore in persona che vi espelle!

Anche il dolore dev’essere sopportato eroicamente dal buon cristiano. Via il Buscopan, il Moment con e senza ackht, la Cibalgina, l’Antispasmina colica, la preparazione H e il Toradol. Dolori mestruali, coliche renali ed epatiche, ascessi, pulpiti e trigemini, nervi sciatici, emorroidi a grappolo e colpi della strega, siate benedetti perchè ci ricordate la magnanima esistenza dell’ultraterreno.

Il buon cristiano deve praticare la modestia, quindi via i cosmetici, le creme depilatorie, gli anticellulite, le siringhe di botox; via dagli scaffali anche i costosissimi e i prodotti omeopatici, gli estratti di echinacea, la pappa reale e gli ayurveda. Roba da stregoni pagani.

Cosa rimane da vendere al timorato farmacista di Dio, per non dispiacere al suo Papa, ora che si è liberato di tutta la paccottiglia demoniaca? Forse l’aspirina, la soluzione Schoum, la tintura di iodio, i cerotti (non quelli per le vesciche perchè bisogna soffrire) e un’erba cattolicissima come l’iperico, nota per contrastare il potere anticoncezionale della “pillola”. Non per niente si chiama anche erba di S. Giovanni.

Ogni anno BigPharma lancia sul mercato sottostante una nuova miracolosa pillola contro il fumo. Dopo il bupropione (Zyban), contestato a causa dei pesanti effetti collaterali, ecco la vareniclina, il Champix.
Il meccanismo di azione della vareniclina è semplice. La sua molecola è un parziale agonista del recettore nicotinico alfa4-beta2, normalmente preposto a legarsi appunto alle molecole di nicotina. Se i recettori sono liberi reclamano nicotina, se sono occupati dalla vareniclina niente sindrome da astinenza. E’ una spiegazione bovina e spero che nessun chimico mi stia leggendo. In quel caso mi “corigerà”.
C’è già chi parla di meccanismo comune per tutte le dipendenze e quindi basterebbe somministrare la pillola apposita che vada ad occupare i recettori della sostanza dopante per azzerarne l’effetto.

Per provare a smettere di fumare grazie alla vareniclina bisogna assumerne 2 mg al giorno per 12 settimane al costo non indifferente di circa 750,00 euro.
Va bene ma funziona? Come riporta questo articolo:

L’efficacia della Vareniclina è stata valutata in 2 studi clinici controllati con placebo in circa 2000 fumatori.
Questi soggetti sono stati assegnati a ricevere Vareniclina 1 mg due volte al giorno, Bupropione 150 mg 2 volte al giorno, o placebo, per 12 settimane.
Il periodo osservazionale è stato di 40 settimane ( senza trattamento).
Il 44% dei pazienti trattati con Vareniclina hanno smesso di fumare alla fine del periodo di trattamento di 12 settimane, contro il 30% dei pazienti che hanno smesso dopo aver assunto Bupropione ed il 18% di quelli trattati con placebo.
Dopo 1 anno, i pazienti che hanno ricevuto Vareniclina presentavano una maggiore probabilità di rimanere liberi dal fumo rispetto ai pazienti che hanno ricevuto Bupropione oppure placebo.

In un terzo studio, i pazienti sono stati trattati con Vareniclina per 12 settimane, e, successivamente, sono stati assegnati in modo casuale a placebo o a Vareniclina per altre 12 settimane.
Questi pazienti sono stati seguiti per 28 settimane dopo il trattamento.
Il 71% dei soggetti che hanno assunto Vareniclina erano liberi dal fumo dopo 6 mesi, rispetto al 50% del placebo. ( Xagena_2006)

Quando leggo queste statistiche penso sempre malignamente che il 56% del campione del primo studio NON HA SMESSO di fumare (sempre meglio comunque del 70% di flop del bupropione).
Accenniamo solo agli effetti collaterali di questo farmaco: ben il 30 per cento dei pazienti trattati ha riportato nausea e incubi spaventosi.
Il gioco vale la candela, che in questo caso è tra l’altro molto costosa? Secondo me no, perché la mia domanda è: se smetto di prendere la pillola e non ho fatto un lavoro psicologico sulla motivazione a smettere di fumare cosa succede? Che ricomincio.
Senza contare che sostituire la dipendenza dalle droghe con la dipendenza dai farmaci è un controsenso. Chi mi garantisce infatti che qualcuno non smetterà più di prendere il farmaco, con conseguenze imprevedibili, per paura di ricominciare a fumare?

Date retta a me. Continuano a ripetervi che smettere è quasi impossibile e che lo potete fare solo con queste pillole che costano una cifra e che non si sa nemmeno se fanno più male che bene.
Non è vero che non si può smettere. Smettere è una cosa che possono fare tutti, forti fumatori e fumatori modici. La nicotina crea la stessa dipendenza anche in chi fuma tre sigarette al giorno.

Il segreto per liberarsi da questa dipendenza è ricominciare ad amarsi, a corteggiarsi e una volta che avremo capito che la nostra salute è la cosa che più ci preme, per amore di noi stessi faremo il sacrificio di sopportare la scimmia dei primi tre giorni. Tre giorni e basta.
Poi piano piano la nicotina se ne va, ci si disintossica, rimane il condizionamento mentale ma l’amore sconfigge ogni male e se vi amate veramente non proverete più desiderio di fumare.

Prima di smettere scrivete su un cartello i motivi per i quali vi piacerebbe smettere. Vi sorprenderete di quanti riuscirete a trovarne. Quando sarà passato il primo periodo e sarete più sicuri di voi preparate un altro cartello sul quale scriverete: “Non fumerò mai più, nemmeno se subirò dei lutti, se perderò il lavoro e mi ammalerò”. Fatene una questione d’onore con voi stessi. Prendete il pacchetto che avete tenuto da parte, scendete in strada e gettatelo nel cassonetto.

Se non vi fidate di me, che ce l’ho fatta a smettere dopo quasi trent’anni di dipendenza con una facilità che mi ha stupito, lasciate perdere le pillole e investite 10 miseri euro per leggere il libro di Allen Carr “È facile smettere di fumare, se sai come farlo”. E’ un concentrato di banalità, è vero, ma funziona maledettamente perché ti lava il cervello. Non con la vareniclina ma con una buona dose di autostima e amore per noi stessi. Leggetelo sia che abbiate voglia di smettere e cercate un aiuto per farlo sia che pensiate che sono una vecchia rompicoglioni che la mena contro il fumo. Scommettiamo che riuscirà a far smettere anche voi?

Per chi fosse interessato all’altro farmaco antifumo, il bupropione, ripubblico qui di seguito l’articolo che gli dedicai l’anno scorso. Chi lo conosce già può risparmiarsi la fatica di leggerlo. Lo consiglio comunque a coloro che pensano che prendere una pillola sia la panacea di tutti i mali e la strada più conveniente per smettere di fumare. Conveniente lo è per BigPharma, senza dubbio.

C’era una volta, nel grande paese di BigPharma, una pillolina bianca dal nome importante: Bupropione. Questa molecola era stata creata per curare la depressione, ma dato che non era efficace come le sue sorelle Fluoxetina e Paroxetina e anzi sembrava fare più male che bene, era stata dimenticata in un angolo della grande fabbrica di medicinali.

Il bupropione cloridrato era stato approvato negli Stati Uniti nel 1989 come antidepressivo atipico di II generazione con il nome commerciale Wellbutrin ma il suo utilizzo causò molti problemi, dal rischio di convulsioni al possibile aumento di casi di suicidio negli adolescenti, e allora fu accantonato a favore di farmaci meno potenzialmente dannosi.

Dieci anni dopo, qualcuno si ricorda che il bupropione cloridrato sembra ridurre considerevolmente il desiderio di fumare nei fumatori che lo assumono come antidepressivo, anche se non si sa né come né perchè. Al bupropione viene cambiato il nome commerciale: Zyban, Quomen, Corzen, e viene lanciato in pompa magna come la nuova pillola della felicità che ti permette di smettere di fumare senza soffrire l’astinenza, senza sbattere le testa contro il muro e fare a pugni con la scimmia.

Già, ma se un farmaco specifico per la depressione ha provocato importanti reazioni avverse, dalle reazioni cutanee a quelle neurologiche, psichiatriche e cardiache e forse perfino la morte in una piccola popolazione di malati, cosa succederebbe se venisse impiegato su larga scala, cioè su milioni di fumatori nel mondo? E’ normale immettere sul mercato un farmaco il cui meccanismo di azione non è spiegato? E poi funziona veramente?

Il bupropione, anche dopo la sua mutazione da antidepressivo puro a pillola per smettere di fumare ha continuato a produrre importanti effetti collaterali; 921 casi di reazioni avverse riportate in Australia nel 2000, 3457 casi in Gran Bretagna nel 2001 tra cui 18 casi di morte sospetta per suicidio. Nel 2004 il farmaco era sotto controllo da parte delle Autorità Sanitarie francesi a causa dei sui possibili effetti collaterali (ancora convulsioni, istinti suicidi, insonnia ed allergie).

In alcuni paesi, come l’Australia, il farmaco è stato incluso tra i farmaci rimborsabili, ed è stato oggetto di 500.000 prescrizioni fin dal 2001, costando al governo federale 66 milioni di dollari. Uno studio successivo aveva messo in dubbio la reale efficacia del bupropione per la cessazione del fumo e il Pharmaceutical Benefits Advisory Committee aveva proposto di poter ottenere una prescrizione del farmaco solo dopo il parere di due medici (cioè solo dopo un secondo parere): la Glaxo, detentrice del brevetto sul farmaco, ha intrapreso un’azione legale sostenendo che il Pharmaceutical Benefits Advisory Committee non ha l’autorità di fare cambiamenti una volta inserito un farmaco tra quelli rimborsabili.

Meno male che in Italia è stato approvato nel 2000 non come antidepressivo ma come farmaco per smettere di fumare in fascia C non rimborsabile. Certo, la pillola è un pò caruccia, 180 euro alla confezione, ma vuoi mettere la soddisfazione di riuscire a smettere di fumare senza fatica, dicono? Molte ASL stanno utilizzando il bupropione nei programmi terapeutici di disintossicazione dal fumo. Il “bugiardino” è stato aggiornato includendo nuove controindicazioni, il che di solito indica che il farmaco è sotto osservazione in farmacovigilanza.

L’efficacia del bupropione è modesta: secondo uno studio, non più del 30% di persone che lo hanno utilizzato per 7 settimane continua a non fumare dopo un anno. Il che vuol dire che sul 70% è inefficace. Non esiste alcuna dimostrazione che i sintomi depressivi che chi smette di fumare può provare siano dovuti ai meccanismi conosciuti che innescano la malattia depressione. E chi smette di fumare può riuscirci perchè utilizza meccanismi mentali che vanno dalla forte motivazione alla forza di volontà.

Quindi, perchè utilizzare alla leggera, magari con solo la prescrizione del medico di base e non di uno psichiatra, un farmaco così controverso, che possiamo perfino acquistare contraffatto online?

Quando un farmaco registra numerosi effetti collaterali gravi, il mantra delle case farmaceutiche è noto: “non è dimostrato”. In questo caso specifico aggiungono che: “i fumatori sarebbero morti lo stesso”, “sempre meglio qualche morto in più che i milioni di fumatori schiattati per le sigarette”.

Rimane il fatto che hanno riciclato un prodotto scadente con una pura operazione di marketing e che, dovesse andare male come pillola contro il fumo, cominciano ad apparire studi nei quali lo si propone come farmaco ideale per dimagrire!
L’ennesima mutazione genetica pronta per l’uso e con un bacino di utenza ancora più smisurato. Tanto si sa che gli obesi sarebbero morti lo stesso.


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Ogni anno BigPharma lancia sul mercato sottostante una nuova miracolosa pillola contro il fumo. Dopo il bupropione (Zyban), contestato a causa dei pesanti effetti collaterali, ecco la vareniclina, il Champix.
Il meccanismo di azione della vareniclina è semplice. La sua molecola è un parziale agonista del recettore nicotinico alfa4-beta2, normalmente preposto a legarsi appunto alle molecole di nicotina. Se i recettori sono liberi reclamano nicotina, se sono occupati dalla vareniclina niente sindrome da astinenza. E’ una spiegazione bovina e spero che nessun chimico mi stia leggendo. In quel caso mi “corigerà”.
C’è già chi parla di meccanismo comune per tutte le dipendenze e quindi basterebbe somministrare la pillola apposita che vada ad occupare i recettori della sostanza dopante per azzerarne l’effetto.

Per provare a smettere di fumare grazie alla vareniclina bisogna assumerne 2 mg al giorno per 12 settimane al costo non indifferente di circa 750,00 euro.
Va bene ma funziona? Come riporta questo articolo:

L’efficacia della Vareniclina è stata valutata in 2 studi clinici controllati con placebo in circa 2000 fumatori.
Questi soggetti sono stati assegnati a ricevere Vareniclina 1 mg due volte al giorno, Bupropione 150 mg 2 volte al giorno, o placebo, per 12 settimane.
Il periodo osservazionale è stato di 40 settimane ( senza trattamento).
Il 44% dei pazienti trattati con Vareniclina hanno smesso di fumare alla fine del periodo di trattamento di 12 settimane, contro il 30% dei pazienti che hanno smesso dopo aver assunto Bupropione ed il 18% di quelli trattati con placebo.
Dopo 1 anno, i pazienti che hanno ricevuto Vareniclina presentavano una maggiore probabilità di rimanere liberi dal fumo rispetto ai pazienti che hanno ricevuto Bupropione oppure placebo.

In un terzo studio, i pazienti sono stati trattati con Vareniclina per 12 settimane, e, successivamente, sono stati assegnati in modo casuale a placebo o a Vareniclina per altre 12 settimane.
Questi pazienti sono stati seguiti per 28 settimane dopo il trattamento.
Il 71% dei soggetti che hanno assunto Vareniclina erano liberi dal fumo dopo 6 mesi, rispetto al 50% del placebo. ( Xagena_2006)

Quando leggo queste statistiche penso sempre malignamente che il 56% del campione del primo studio NON HA SMESSO di fumare (sempre meglio comunque del 70% di flop del bupropione).
Accenniamo solo agli effetti collaterali di questo farmaco: ben il 30 per cento dei pazienti trattati ha riportato nausea e incubi spaventosi.
Il gioco vale la candela, che in questo caso è tra l’altro molto costosa? Secondo me no, perché la mia domanda è: se smetto di prendere la pillola e non ho fatto un lavoro psicologico sulla motivazione a smettere di fumare cosa succede? Che ricomincio.
Senza contare che sostituire la dipendenza dalle droghe con la dipendenza dai farmaci è un controsenso. Chi mi garantisce infatti che qualcuno non smetterà più di prendere il farmaco, con conseguenze imprevedibili, per paura di ricominciare a fumare?

Date retta a me. Continuano a ripetervi che smettere è quasi impossibile e che lo potete fare solo con queste pillole che costano una cifra e che non si sa nemmeno se fanno più male che bene.
Non è vero che non si può smettere. Smettere è una cosa che possono fare tutti, forti fumatori e fumatori modici. La nicotina crea la stessa dipendenza anche in chi fuma tre sigarette al giorno.

Il segreto per liberarsi da questa dipendenza è ricominciare ad amarsi, a corteggiarsi e una volta che avremo capito che la nostra salute è la cosa che più ci preme, per amore di noi stessi faremo il sacrificio di sopportare la scimmia dei primi tre giorni. Tre giorni e basta.
Poi piano piano la nicotina se ne va, ci si disintossica, rimane il condizionamento mentale ma l’amore sconfigge ogni male e se vi amate veramente non proverete più desiderio di fumare.

Prima di smettere scrivete su un cartello i motivi per i quali vi piacerebbe smettere. Vi sorprenderete di quanti riuscirete a trovarne. Quando sarà passato il primo periodo e sarete più sicuri di voi preparate un altro cartello sul quale scriverete: “Non fumerò mai più, nemmeno se subirò dei lutti, se perderò il lavoro e mi ammalerò”. Fatene una questione d’onore con voi stessi. Prendete il pacchetto che avete tenuto da parte, scendete in strada e gettatelo nel cassonetto.

Se non vi fidate di me, che ce l’ho fatta a smettere dopo quasi trent’anni di dipendenza con una facilità che mi ha stupito, lasciate perdere le pillole e investite 10 miseri euro per leggere il libro di Allen Carr “È facile smettere di fumare, se sai come farlo”. E’ un concentrato di banalità, è vero, ma funziona maledettamente perché ti lava il cervello. Non con la vareniclina ma con una buona dose di autostima e amore per noi stessi. Leggetelo sia che abbiate voglia di smettere e cercate un aiuto per farlo sia che pensiate che sono una vecchia rompicoglioni che la mena contro il fumo. Scommettiamo che riuscirà a far smettere anche voi?

Per chi fosse interessato all’altro farmaco antifumo, il bupropione, ripubblico qui di seguito l’articolo che gli dedicai l’anno scorso. Chi lo conosce già può risparmiarsi la fatica di leggerlo. Lo consiglio comunque a coloro che pensano che prendere una pillola sia la panacea di tutti i mali e la strada più conveniente per smettere di fumare. Conveniente lo è per BigPharma, senza dubbio.

C’era una volta, nel grande paese di BigPharma, una pillolina bianca dal nome importante: Bupropione. Questa molecola era stata creata per curare la depressione, ma dato che non era efficace come le sue sorelle Fluoxetina e Paroxetina e anzi sembrava fare più male che bene, era stata dimenticata in un angolo della grande fabbrica di medicinali.

Il bupropione cloridrato era stato approvato negli Stati Uniti nel 1989 come antidepressivo atipico di II generazione con il nome commerciale Wellbutrin ma il suo utilizzo causò molti problemi, dal rischio di convulsioni al possibile aumento di casi di suicidio negli adolescenti, e allora fu accantonato a favore di farmaci meno potenzialmente dannosi.

Dieci anni dopo, qualcuno si ricorda che il bupropione cloridrato sembra ridurre considerevolmente il desiderio di fumare nei fumatori che lo assumono come antidepressivo, anche se non si sa né come né perchè. Al bupropione viene cambiato il nome commerciale: Zyban, Quomen, Corzen, e viene lanciato in pompa magna come la nuova pillola della felicità che ti permette di smettere di fumare senza soffrire l’astinenza, senza sbattere le testa contro il muro e fare a pugni con la scimmia.

Già, ma se un farmaco specifico per la depressione ha provocato importanti reazioni avverse, dalle reazioni cutanee a quelle neurologiche, psichiatriche e cardiache e forse perfino la morte in una piccola popolazione di malati, cosa succederebbe se venisse impiegato su larga scala, cioè su milioni di fumatori nel mondo? E’ normale immettere sul mercato un farmaco il cui meccanismo di azione non è spiegato? E poi funziona veramente?

Il bupropione, anche dopo la sua mutazione da antidepressivo puro a pillola per smettere di fumare ha continuato a produrre importanti effetti collaterali; 921 casi di reazioni avverse riportate in Australia nel 2000, 3457 casi in Gran Bretagna nel 2001 tra cui 18 casi di morte sospetta per suicidio. Nel 2004 il farmaco era sotto controllo da parte delle Autorità Sanitarie francesi a causa dei sui possibili effetti collaterali (ancora convulsioni, istinti suicidi, insonnia ed allergie).

In alcuni paesi, come l’Australia, il farmaco è stato incluso tra i farmaci rimborsabili, ed è stato oggetto di 500.000 prescrizioni fin dal 2001, costando al governo federale 66 milioni di dollari. Uno studio successivo aveva messo in dubbio la reale efficacia del bupropione per la cessazione del fumo e il Pharmaceutical Benefits Advisory Committee aveva proposto di poter ottenere una prescrizione del farmaco solo dopo il parere di due medici (cioè solo dopo un secondo parere): la Glaxo, detentrice del brevetto sul farmaco, ha intrapreso un’azione legale sostenendo che il Pharmaceutical Benefits Advisory Committee non ha l’autorità di fare cambiamenti una volta inserito un farmaco tra quelli rimborsabili.

Meno male che in Italia è stato approvato nel 2000 non come antidepressivo ma come farmaco per smettere di fumare in fascia C non rimborsabile. Certo, la pillola è un pò caruccia, 180 euro alla confezione, ma vuoi mettere la soddisfazione di riuscire a smettere di fumare senza fatica, dicono? Molte ASL stanno utilizzando il bupropione nei programmi terapeutici di disintossicazione dal fumo. Il “bugiardino” è stato aggiornato includendo nuove controindicazioni, il che di solito indica che il farmaco è sotto osservazione in farmacovigilanza.

L’efficacia del bupropione è modesta: secondo uno studio, non più del 30% di persone che lo hanno utilizzato per 7 settimane continua a non fumare dopo un anno. Il che vuol dire che sul 70% è inefficace. Non esiste alcuna dimostrazione che i sintomi depressivi che chi smette di fumare può provare siano dovuti ai meccanismi conosciuti che innescano la malattia depressione. E chi smette di fumare può riuscirci perchè utilizza meccanismi mentali che vanno dalla forte motivazione alla forza di volontà.

Quindi, perchè utilizzare alla leggera, magari con solo la prescrizione del medico di base e non di uno psichiatra, un farmaco così controverso, che possiamo perfino acquistare contraffatto online?

Quando un farmaco registra numerosi effetti collaterali gravi, il mantra delle case farmaceutiche è noto: “non è dimostrato”. In questo caso specifico aggiungono che: “i fumatori sarebbero morti lo stesso”, “sempre meglio qualche morto in più che i milioni di fumatori schiattati per le sigarette”.

Rimane il fatto che hanno riciclato un prodotto scadente con una pura operazione di marketing e che, dovesse andare male come pillola contro il fumo, cominciano ad apparire studi nei quali lo si propone come farmaco ideale per dimagrire!
L’ennesima mutazione genetica pronta per l’uso e con un bacino di utenza ancora più smisurato. Tanto si sa che gli obesi sarebbero morti lo stesso.

Negli anni ‘50 fu realizzato e immesso sul mercato quello che sembrava il farmaco ideale, il Contergan© (o Distaval©, tra i molti nomi commerciali che assumeva).
Era un sedativo meraviglioso ma privo dei pericolosi effetti collaterali dei barbiturici. Ne potevi prendere un’intera confezione e non rischiavi la morte per overdose. Era talmente blando che veniva consigliato alle donne in gravidanza alle quali per giunta era in grado di togliere la nausea mattutina. Il nome molecolare della mirabolante sostanza era imide dell’acido n-ftalil-glutammico, ovvero talidomide.

La ditta tedesca produttrice del farmaco, la Chemie Grunenthal, investì in una campagna di marketing senza precedenti che, attraverso inserzioni su riviste mediche e informazione diretta e martellante ai medici fece entrare il talidomide praticamente in ogni casa, tra l’altro in alcuni land tedeschi senza l’obbligo di prescrizione medica. Una specie di innocua aspirina da somministrare a tutti, e da consumarsi come le caramelle. Una panacea di tutti i mali da dare anche ai bambini, come recita questa pubblicità dell’epoca: “La vita del tuo bambino può dipendere dalla sicurezza del Distaval”.

Dopo qualche anno tuttavia cominciarono a comparire casi di neurite multipla che sembravano collegarsi all’uso del Contergan©. Alcuni pazienti che lo assumevano regolarmente lamentavano formicolii agli arti e vere e proprie sindromi neurologiche.
Il cammino trionfale del talidomide però proseguì, tanto da regalare alla CG utili di milioni e milioni di marchi.
Il talidomide dalle uova d’oro fu mescolato ad altri principi attivi e rientrò in decine e decine di prodotti farmaceutici destinati anche a curare il banale raffreddore.
I farmaci contenenti talidomide a quell’epoca venivano venduti in undici paesi europei e in molte altre parti del mondo. In Italia era presente sul mercato con ben una decina di nomi diversi.
Negli Stati Uniti però non passò le forche caudine della FDA a causa, o per meglio dire grazie alla caparbietà di una ricercatrice, Frances K.O. Kelsey che rigettò per ben due volte la domanda di ammissione del talidomide negli Stati Uniti, non persuasa della bontà della sperimentazione effettuata sul farmaco e preoccupata per gli effetti collaterali neurologici e i possibili effetti teratogeni, ossia la possibilità di causare malformazioni congenite nel feto.

Anche in Turchia un eminente ricercatore fu in grado di scoprire gli effetti teratogeni del talidomide semplicemente cambiando la razza di animale sul quale testarlo.

Nel 1956 un ginecologo australiano osservò un aumento dei casi, normalmente rarissimi, 1 su 4 milioni, di focomelia (malformazione congenita agli arti) nei neonati, e per primo collegò i danni fetali all’uso del Contergan© in gravidanza.
Nel 1961 il dottor Widukind Lenz denunciò ad un congresso di pediatria i gravissimi effetti collaterali del talidomide e ne chiese il ritiro dal mercato. Poco tempo dopo fu definitivamente dimostrata la responsabilità del farmaco per le gravissime malformazioni su almeno 10.000 bambini nati nel periodo del suo massimo utilizzo.
La casa farmaceutica inizialmente reagì con la negazione degli effetti collaterali e tentò anche di intimidire con pesanti minacce di morte i medici che avevano denunciato pubblicamente la nocività del talidomide.
Il talidomide fu infine ritirato dal mercato e quel nome rimase legato per sempre alle immagini impressionanti che comparivano sulla stampa di allora di bambini con le braccine attaccate direttamente alle spalle o con pinne al posto delle gambe.

Il processo tenutosi in Germania nel 1967 condannò la Chemie Grunenthal a risarcire le vittime del talidomide con milioni di marchi. I paesi colpiti crearono strutture adeguate al sostegno alle famiglie con figli focomelici.

E in Italia? Ufficialmente i nati deformi a causa del talidomide riconosciuti allora furono appena una ventina, ma a distanza di quasi cinquant’anni, una recente proposta di legge per l’assegnazione di un vitalizio alle vittime parla di circa 120-150 persone ancora in vita. Ricordate il fenomeno dei “pittori con la bocca e con il piede”, dalla cui associazione ogni anno ricevevamo i biglietti d’auguri natalizi da acquistare a fronte di un’offerta? Fra loro molti erano figli del talidomide.
Si deve aggiungere che il talidomide fu ritirato dal mercato italiano nel 1962, con un anno di ritardo rispetto agli altri paesi e che sul caso, nonostante le relazioni mediche congressuali che riferivano l’aumento preoccupante di casi di focomelia, vi furono molte reticenze dei governi di allora a fornire dati precisi sul numero effettivo di vittime.
Private di ogni sostegno morale, medico ed economico, le famiglie spesso finivano per nascondere i loro figli sfortunati e vergognarsene. L’unica assistenza che lo Stato italiano ha finora concesso alle vittime del talidomide è stata l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, riconosciuta tardivamente grazie all’articolo 3 del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27.

Questa la storia di cinquant’anni fa. Il farmaco che genera mostri viene accantonato e dimenticato.
Poi, come sempre più spesso accade, si pensa di riutilizzare il prodotto ritirato, magari riciclandolo come “farmaco orfano”, definizione che indica quei farmaci che sono utilizzati per patologie rarissime e quindi non hanno mercato, oppure sono stati ritirati per vari motivi, compresa la loro tossicità.
In molti paesi, se una molecola viene fatta rientrare nella categoria degli “orfani”, la casa produttrice può ottenere ingenti finanziamenti statali, esenzioni fiscali e innumerevoli altri benefici.

La scoperta, qualche anno fa, che il talidomide dà sollievo ai malati di lebbra provvede a sdoganare il killer di bambini una prima volta.
La seconda quando si comincia a parlare di Talidomide come farmaco anticancro per le sue proprietà angiostatiche (paradossalmente responsabili anche delle stesse malformazioni focomeliche) e viene lanciato nuovamente sul mercato dalla multinazionale Celgene con il nome di Thalomid© per il trattamento del mieloma multiplo.
Altri studi lo definiscono un farmaco ideale per alcune patologie legate all’AIDS.
Insomma, nonostante sul sito della Celgene vi siano avvertimenti sulla teratogenicità del farmaco (e vorrei vedere!) e raccomandazioni a caratteri cubitali sulle modalità d’uso si ha l’impressione che la gallina dalle uova d’oro abbia ricominciato a covare e che prima o poi ci vedremo riproporre il talidomide come panacea di tutti i mali. Come cinquant’anni fa.

La tragedia del Contergan© fu provocata dalla criminale leggerezza di coloro che non eseguirono test approfonditi sulla tossicità della sostanza e furono accecati dalla prospettiva di guadagni illimitati grazie al sedativo perfetto. Oggigiorno, quante garanzie abbiamo che quella lezione sia stata imparata? Che campagne ancora più massicce sui media non sarebbero capaci di far passare di nuovo come quasi innocuo qualunque farmaco, anche dal passato orrendo come il talidomide?
Siamo certi che dietro al riciclaggio di farmaci “sporchi” vi siano serie ricerche oppure solo manovre speculative e di marketing, come ho scritto su MenteCritica del caso del bupropione, antidepressivo fallito e dannoso riciclato come pillola contro il fumo?

Quei piccoli senza braccia e gambe non sono brutti incubi del passato, stanno lì a ricordarci che la medicina può trasformarsi in generatrice di mostri se si lascia incantare solo dal profitto.


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